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Immagine del redattoreSara Boanini

Tutto CO(2)nsuma

Eh sì, avete letto bene, purtroppo praticamente tutto quello che facciamo nella nostra vita quotidiana, volenti o nolenti, può avere un impatto sull’ambiente che ci circonda, anche se nella maggior parte dei casi minimo, ma non trascurabile.

In fondo però questa non è un’assoluta novità, giusto? Quante volte abbiamo sentito dire, e in nostra coscienza riteniamo corretto, di utilizzare il meno possibile l’automobile preferendo altri mezzi oppure di andare al supermercato con una borsa di tela e scegliere negozi dove le buste di plastica sono meno utilizzate o addirittura totalmente abolite. Abbiamo sempre sentito queste raccomandazioni perché fino a qualche tempo fa andare in centro città per fare un giro con gli amici, fare la spesa o semplicemente spostarsi da casa erano le azioni più normali che una persona avesse potuto immaginare, ma ora dobbiamo capacitarci che le buone azioni ambientali che ognuno di noi può fare nella vita quotidiana per sperare di vivere un po’ meglio in futuro hanno raggiunto un altro fronte, in questo senso forse poco considerato, la tecnologia.


Diversi studi di prestigiose Università americane, tra cui Purdue University, Yale University e il MIT, hanno infatti messo in luce i preoccupanti numeri relativi allo sfruttamento delle risorse naturali e l'impronta di carbonio per far funzionare “la Rete”. Lo sapevate ad esempio che inviando mail o guardando Netflix contribuiamo all’emissione di CO2 nella nostra atmosfera? Un’ora di streaming, a seconda dello schermo, del sito e della definizione, emetterebbe fra i 150 e i 1000 grammi di anidride carbonica, quindi, considerando il peggiore dei casi, basterebbero circa tre ore di binge watching per emettere la stessa quantità di emissioni di un litro di benzina. Una email da 1 megabyte invece emetterebbe circa 19 grammi di CO2 e 8 email inquinerebbero dunque come percorrere 1 Km in auto, più o meno la distanza a piedi tra il Virgilio e la stazione. Ma non sono qui per farvi (farci) la ramanzina, infatti anche le videolezioni (e le videochiamate in generale) emettono da 0,15 a 1Kg di anidride carbonica e in una giornata media di DAD potremmo arrivare a metterne in circolazione la quantità equivalente al consumo di due litri di benzina.


Ovviamente questi dati diventano un problema quando iniziamo a considerare il grande numero di persone che ogni giorno compiono queste azioni o che semplicemente usano Internet. Anche i server di Google, Spotify, Facebook, Instagram, Twitter e gli altri social devono essere riconosciuti come fonte di anidride carbonica e non solo, dato che le loro impronte di acqua e suolo sono estremamente elevate. Si stima che se la tendenza dello scorso anno, con le segnalazioni in alcuni Paesi di un aumento del 20% del traffico Internet, si protraesse fino alla fine del 2021 il solo aumento di uso di Internet richiederebbe una foresta di circa 185.443 Km2 – più o meno la superficie terrestre della Siria- per catturare il carbonio emesso, una quantità d’acqua per elaborare e trasmettere i dati pari a quella necessaria per riempire 300.000 piscine olimpiche e l’impronta del suolo uguale alle dimensioni di Los Angeles.


Questo non vuol dire che la tecnologia sia la causa del cambiamento climatico e che debba essere demonizzata, ma è giusto prendere consapevolezza del fatto che qualsiasi azione compiamo ha delle conseguenze, in questo caso a livello ambientale. Possiamo fare qualcosa? A dire il vero molte cose e altrettanto semplici. Tenere spenta la telecamera durante una videoconferenza o guardare contenuti in qualità standard invece di HD ridurrebbero l’impronta ecologica rispettivamente del 96% e dell’86%, e molto utile sarebbe inoltre cancellare le mail già lette, inviare solo quelle necessarie ed impostare un filtro anti spam per ridurre lo scambio di dati.


Ad incoraggiarci ci sono i passi compiuti da diverse associazioni verso un Internet più green e che, anche se a volte hanno portato a risultati per ora limitati, come la sfida lanciata qualche anno fa da Greenpeace a Facebook di diventare carbon free entro il 2021, hanno portato altre volte a risultati concreti, come la decisione di Netflix già dal 2019 di avviare misure in quindici Stati degli Usa e venti Paesi nel resto del mondo con lo scopo di ridurre i consumi, sfruttare solare ed eolico e limitare l'impatto ambientale.


Sara Boanini

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