Estate 1285,
Era da poco calato il sole e il giovane Dante, già conosciuto in città per i suoi sonetti a soli 20 anni, si ritrovò nella piazza maggiore di Firenze con i suoi amici di sempre per l’ennesima nottata in balìa dello scadente vino dell’osteria “La sirena della notte” per parlare dei loro argomenti preferiti: la politica e le belle donne. Era da poco passata la mezzanotte quando Dante venne abbordato dal suo migliore amico Forese che, in un momento di lucidità, si era allontanato dalle calorose cameriere con i boccali colmi, per chiedere al poeta di recitargli uno dei suoi testi inediti. Tuttavia, non appena Dante iniziò a decantare le bionde ciocche della sua musa, il Donati lo fermò: <<Dante, compagno mio,>> disse <<noi due ci conosciamo da sempre, no? Tra noi non ci sono mai stati segreti, abbiamo sempre condiviso tutto, dunque rivelami il vero nome di questa Beatrice: è vero quello che si vocifera? Ti sei perso negli immensi occhioni azzurri della figlia del Portinari, la piccola Bice?>> Colto alla sprovvista da tale domanda, il poeta cercò di divagare malamente, ma l’innocenza curiosa di Forese lo aveva ormai messo all’angolo e preso per il braccio l’amico che a malapena riusciva a reggersi in piedi, lo condusse in una delle stanze più buie della lurida locanda affinché nessun orecchio malevole potesse udire il segreto che si celava dietro la sua grande fama. <<Fratello mio, poco fa hai detto bene>> incominciò <<in giro la gente bisbiglia che io abbia perso la testa per la figlia di Portinari e devo ammettere che sono stato io stesso l’artefice di quelle chiacchiere: volevo assicurarmi che il segreto che ti sto per rivelare restasse dentro il mio cuore fino a quando la mia anima non avesse oltrepassato le porte dell’Oltretomba. È stato fin troppo semplice dirigere tutti i sospetti su Bice, chi mai più di lei somiglierebbe alla descrizione della mia amata? Oramai il canone di bellezza che la nostra società ama è quello di un angelo con i capelli dorati e gli occhi che racchiudono una piccola sfumatura di firmamento: gli uomini di questa epoca malata vorrebbero nel loro letto la casta e devota Vergine in modo da poter sfogare le loro anime animali su qualcosa di santo e che li possa far sentire ancora più dominatori sulle loro mogli di quello che già in verità sono>>. A quel punto Forese, sposatosi da appena un mese con una giovane con la quale non aveva ancora consumato il matrimonio poiché preferiva la compagnia delle cuoche, seppur alterato dai fumi dell’ebrezza, tentò di ribattere con balbettii e parole incomprensibili. <<So bene quello che stai cercando di dirmi amico mio, “non siamo tutti cosi”, ma la verità è che forse noi uomini siamo ciò che più rifuggiamo: bestie feroci che pensano solo a soddisfare i propri piaceri, cacciatori che preferiscono azzannare carne giovane piuttosto che accontentarsi di una preda ferita. Questa esperienza l’ho provata più e più volte in passato e tutt’ora, nelle notti in cui Bacco prende il sopravvento nel mio spirito, la sento ancora pulsare nei miei polsi. Tuttavia ti voglio raccontare di una eccezione che ho provato sulla mia pelle: una piccola ombra nella mia vita che non posso rivelare al mondo antico in cui viviamo. Ho incontrato per la prima volta la mia Beatrice quando avevo 18 anni: stavo uscendo dall’ennesima festa in maschera organizzata dalla nobiltà fiorentina, sai, non ero veramente interessato alla festa, ma l’idea di potermi affogare nell’alcol pagato da tasche altrui mi aveva convinto a mettermi il mio miglior vestito: te lo ricordi l’abito che avevo messo per quel fastoso funerale nella chiesa di Santa Maria del Fiore? Non rammento chi fosse morto, ma per l’occasione avevo comprato un vestito di velluto nero a cui si alternava preziosa seta color ebano importata dal lontano Oriente. Dunque, misi quello e andai a festeggiare in mezzo alle bottiglie, fino a quando, completamente ebbro, mi decisi a lasciare quella sala troppo piena di superficialità per camminare a notte fonda nel silenzio della città e lasciarmi portare dovunque i miei piedi volessero andare. Mi trovavo sul fianco delle mura della città quando vidi un’ombra scura passarmi davanti agli occhi: incuriosito più che spaventato, nel coraggio degli ubriachi, decisi di seguirla da lontano. Essa si fermò davanti alla casa di un ricco banchiere, quale ora non lo ricordo distintamente, ma ero certo che volesse provare a derubarlo. Spavaldo come un soldato nel mezzo della battaglia, presi allora il comando del mio corpo annullando del tutto gli effetti della ubriachezza e saltando addosso alla figura, che non si era accorta della mia presenza, la gettai a terra, pronto a impartire una lezione a suon di pugni a quel ladro di malaffare. Quel che vidi dopo mi disarmò totalmente: sotto il mantello nero come una notte estiva, si celava l’esile figura di una fanciulla, la più bella che avessi mai visto in tutta la mia esistenza. Nell’aspetto era ciò per cui la società inorridisce, come il diavolo rifugge l’acqua santa: ella aveva un colpo esile e minuto, sembrava fatta di cristallo puro, pronta a distruggersi non appena l’avessi toccato, ma nella realtà, come capii solo in seguito, era la donna più forte che avessi mai visto. Nella spinta che le diedi cademmo nella sporca strada e lì nel fango, a pochissimi centimetri dal suo viso, potevo sentire l’odore dei suoi capelli corvini, forse, se il Paradiso esiste veramente, quello è l’odore che sentirei per l’eternità. Tuttavia, mio carissimo Forese, quello che mi fece totalmente perdere il controllo di me stesso furono i suoi occhi: due pozzi bui che ti rovistavano nell’animo per scoprire le tue paure più nascoste. Rimanemmo in quella posizione, quasi labbra contro labbra, per un tempo infinito, fino a che io non mi ricordai di essere comunque un gentiluomo e, scostandomi da lei, le porsi una mano per aiutarla. Lei senza badare alla mia offerta si alzò e fece per andarsene quando, d’un tratto, si voltò per guardarmi negli occhi e con voce bassa e suadente mi disse:”Per questa notte hai sospeso le mie azioni, il minimo che potresti fare è ripagarmi almeno una parte del mio bottino”. Ero totalmente sbalordito, tanto che a malapena le potei rispondere di non avere denari con me, ma che se ci fossimo rivisti la notte successiva l’avrei sicuramente potuta pagare dignitosamente. Subito dopo che ci accordammo, la vidi saltare elegantemente, senza fare alcun rumore su un lato delle mura, esattamente dove vi era una piccola diramazione della pietra dalla quale spuntava un capitello. In quel momento realizzai che non sapevo neppure il suo nome e le gridai: “Madonna, mi è per lo meno concesso conoscere come vi chiamate?” “Lilith” mi rispose l’oscurità.
Fratello mio, come ben sai, questo è assolutamente un nome peccaminoso: come mai potrei essermi allontanato dalla retta via per una donna che porta il nome della madre di tutti i demoni? Ebbene mio caro l’ho fatto. Quella non fu l’ultima volta che la vidi, difatti tra noi percepivamo un legame così profondo che ogni minuto che passavo senza di lei mi sembrava di morire.>>
Il Donati allora biascicò: <<E per quale motivo non me ne hai mai parlato? E perché Beatrice non assomiglia minimamente a lei?>>. Il giovane Dante fece scendere una calda lacrima sul volto sbarbato e disse:<< Per quello che successe poi e che tagliò totalmente filo rosso tra noi.
Come già ti ho narrato, l’occupazione principale di Lilith era rubare: proveniva da una famiglia di contadini poverissimi (furono proprio loro a darle quel nome satanico nella più totale innocenza della fede: infatti avevano sentito quel nome durante un’omelia del loro parroco non sapendo che fosse un nome blasfemo). Un giorno purtroppo fece un colpo che le fu fatale: mi aveva detto che si sarebbe recata fuori città poiché aspettava l’arrivo di un grosso carro di un qualche mercante, ma non fece più ritorno. Solo dopo settimane di pazze ricerche, scoprii che quella che aveva attentato non era un modesta carovana, ma la carrozza di una nobile famiglia fiorentina che faceva parte del partito dei ghibellini. Come puoi ben immaginare: cosa può fare una ragazza, seppur ben armata ed addestrata, contro una decina di soldati, veterani delle grandi guerre? Venne portata nella chiesa più vicina già gravemente ferita e dopo ore di agonia mori là, da sola, adagiata in una fredda navata. Per questo mi vedi spesso andare fuori città: vado a trovarla presso la sua tomba, ma lo posso fare solo di nascosto perchè la sua storia venne molto chiacchierata in città e lei stessa mi aveva fatto promettere di non dire mai una parola sulla nostra relazione per non rovinare la mia nascente carriera>>. <<Ma Dante, scusami, perchè lei? Perchè un’anonima ladruncola? Potevi innamorarti di infinite donne molto più nobili di lei, cosa ti ha rapito il cuore?>>. <<Vedi, tu guardi solo l’aspetto esteriore e non osservi veramente: Beatrice per me è un angelo perchè è la descrizione perfetta del paradiso che ho trovato dentro Lilith. La mia amata potrebbe anche sembrarti la più brutta e infame delle donne che camminano su questa terra, ma ti posso assicurare che la sua anima è delle più nobili mai esistite. Sono sempre stato disgustato dalla mediocre superficialità del nostro tempo e ancor di più ho odiato i comportamenti delle donne: frivoli esserini che si vezzeggiano con inutili passatempi, si rodono dall’invidia quando un uomo dedica attenzioni ad altre, ingannano gli altri mostrandosi devote e caritatevoli, quando invece sono peccatrici di ogni male. Lilith era diversa da tutte loro: era una ragazza materiale che non si interessava a stupidi giochetti psicologici, era un’anima pura, felice di ciò che aveva e, sì, anche lei era una peccatrice, era una lussuriosa, una ladra, una bugiarda, un’ambiziosa, ma non ha mai finto o celato la sua natura, sapeva ciò che era ma non se ne risentiva.
Spesso mi sono domandato se si fosse pentita, in quelle ore prima che la morte la portasse via dalle mie braccia troppo presto, di aver combattuto una guerra che sarebbe stata persa in partenza e la risposta è no, era troppo fiera per tornare sui suoi passi, troppo temeraria per abbandonare una sfida e troppo libera per accettare di essere imprigionata. Lilith era la donna più forte che conoscessi e io sono stato l’uomo più fortunato del mondo ad essere stato scelto come l’unico compagno della sua breve ma intensa vita. Il tornado che mi ha buttato lontano dalla retta via, come dici tu, per me non può essere altro che un messaggero di Dio, se esiste, un segno del Fato, una storia già scritta tra le righe del Destino, e se devo essere condannato alle più immonde pene dell’Inferno per questo, beh, allora sono felice di gelare nel lago di Cocito per sempre, poiché nemmeno la certezza della vita eterna mi impedirebbe di scegliere lei, solo lei, come mia musa. Lilith, il mio faro nella notte tempestosa, mi ha insegnato a vivere con coraggio e, prima tra tutte, mi ha spronato a seguire il mio cuore per fare quello che so fare meglio: scrivere. Lei era accanto a me quando ho scritto il mio primo sonetto, stesa al mio fianco, lei era lì con me quando dubitavo di me stesso, e lei sarà sempre lì in tutto ciò che scriverò fino a quando la penna non mi cadrà dalla mano e la morte, traghettatore oscuro quanto lieto, mi accompagnerà oltre questo mondo per riportarmi di nuovo da lei per sentire ancora una volta il profumo dei suoi capelli e il calore della sua pelle>>.
Dante si voltò verso Forese e lo vide addormentato contro una parete della buia stanza. Si asciugò le guance bagnate da calde lacrime e depose gentilmente il proprio amico sul letto malandato. Poi discese le scale e si avviò fuori dalla locanda, senza più badare né alle cameriere né ai compagni che cercavano di trattenerlo. Camminò fino alla cinta muraria della città e appoggiando dolcemente le morbide dita, accarezzò i mattoni antichi che gli sussurravano all’orecchio le dolci parole della sua amata e lì, nell’oscurità più profonda, si lasciò andare in un pianto disperato.
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