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  • Immagine del redattoreMiriam Sartori

La prigione dorata della principessa Latifa

Aggiornamento: 21 nov 2021

La storia di Latifa Al Maktoum non sembra essere quella di una principessa di una delle città più ricche del mondo, fatta di libertà e agiatezza, al contrario, la sua è stata finora una vita di rapimenti, fughe disperate e soprusi continui.


Latifa Al Maktoum nasce il 5 dicembre 1985, è una delle 23 figlie dell’emiro di Dubai, Mohammed bin Rashid Al Maktoum, il quale ricopre le cariche di vicepresidente, primo ministro e membro del Consiglio Supremo degli Emirati Arabi Uniti. Fin da molto giovane Latifa ha tentato di fuggire dalla sua suntuosa villa a causa del pessimo rapporto che aveva con la maggior parte dei membri della sua famiglia, in particolare con il padre, che lei stessa definisce come spietato e senza scrupoli, interessato soltanto alla propria ricchezza e reputazione.


Il primo tentativo di fuga

Così, a soli 16 anni decide di scappare in Oman e raggiungere un avvocato per aiutare sua sorella Shamsa, che aveva tentato di fuggire durante un viaggio nel Regno Unito, poi rinchiusa e tenuta sedata dalle guardie inviate dal padre. Durante la sua prima fuga di Latifa stessa si è definita come molto ingenua, viene infatti catturata poco dopo essere scappata, ma la pena che deve subire è tutt’altro che leggera. La ragazza viene rinchiusa in una prigione per tre anni, senza potersi lavare, mangiando il minimo indispensabile e venendo giornalmente torturata fisicamente, sempre per volere del padre.


Il secondo tentativo di fuga

Dopo essere stata liberata la principessa si riprende gradualmente, le è proibito sia studiare che incontrare i propri amici, e non avendo nessun sostegno all’interno della propria famiglia (nemmeno la madre si dimostra affranta per ciò che la figlia ha dovuto subire e anzi la rimprovera per il suo comportamento ribelle), passa molto tempo con i suoi cavalli, per cui nutre una grande passione. Ma assieme ai cavalli riesce a frequentare la sua istruttrice, Tiina Jauhiainen, alla quale si lega profondamente e con cui escogita un nuovo piano di fuga. Il 24 febbraio 2018 si fa accompagnare da Tiina al centro commerciale, e dopo essere riuscita a far perdere le sue tracce riesce a salire su un SUV e poi su uno yacht, diretto in India. Dopo otto giorni in mare le guardie inviate dall’emiro Al Maktoum raggiungono la nave, torturano violentemente tutti i membri dell’equipaggio e riescono a rapire Latifa e riportarla a Dubai.


La situazione odierna

Dall’ultimo tentativo di fuga le apparizioni della principessa sono state rarissime. Il governo sostiene che Latifa si trovi al sicuro e sia seguita e curata per i “disturbi mentali” di cui soffre. Dopo mesi in cui nessuno aveva più sue notizie la BBC ha diffuso alcuni filmati inviati di nascosto dalla principessa ad alcuni suoi amici, ad un anno circa dalla sua cattura, infatti, è riuscita ad ottenere segretamente un telefono con cui riusciva a comunicare filmandosi nel bagno, l’unica stanza in cui non la segue una guardia. Nei video la ragazza sostiene di vivere in una “prigione dorata”, una villa con le finestre completamente sbarrate in cui due guardie dentro e cinque fuori la controllano giorno e notte, eliminando ogni possibile tentativo di fuga. Dopo aver perso ogni tipo di comunicazione con Latifa da diversi mesi ormai, i suoi amici hanno deciso di rendere pubblici questi filmati che hanno coinvolto l’opinione pubblica. Sembra infatti che una mobilitazione internazionale (dal nome #FreeLatifa, sostenuta anche da Amnesty International) sia l’unico modo per ricevere notizie sulle condizioni della principessa. L’ex Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e presidente dell’Irlanda ha deciso di unirsi agli appelli, ormai mondiali, per ottenere notizie certe sulle condizioni attuali in cui versa Latifa. Tuttavia, gli Emirati Arabi continuano a rassicurare vagamente l’opinione pubblica, sostenendo di star proteggendo la figlia dell’emiro, vittima di un tentato rapimento, e di farla seguire dai migliori psichiatri per curare i suoi disagi psicologici.


La città di Dubai è per molti simbolo di lusso, modernità e libertà occidentali che sono riuscite ad attecchire in Oriente, ma la triste storia di Latifa racconta una realtà diversa, una realtà di false apparenze, di torture nascoste e libertà negate. E’ fondamentale continuare a pretendere giustizia per chi tenta di ribellarsi ai soprusi e alle violenze e non fermarsi alle apparenze di una ricchezza economica fondata sulla prepotenza di sovrani dispotici.


Di seguito condivido il link del video realizzato da Latifa stessa prima del suo ultimo tentativo di fuga. Poiché teme che sia la sua ultima testimonianza diretta e lucida di quanto ha dovuto subire, racconta tutta la sua storia dal principio, sperando che più persone possibile riescano a vederlo e scoprano la vera storia delle sue disavventure, assieme all’ipocrisia e alla violenza che il governo del suo Stato ha dimostrato e continua a dimostrare tutt’ora.


Miriam Sartori 5B



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