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  • Chiara Parma

Storia fatta di sport

Aggiornamento: 3 ago 2020

Spesso e volentieri, purtroppo o per fortuna, lo sport non è solo passione, e nemmeno solo evasione. È vero che è una di quelle poche parti della vita di uno Stato che dovrebbero essere influenzate il meno possibile dalla politica, ma è vero anche che spesso ciò non accade. Spesso i governi che lasciano meno libertà sono quelli che controllano più radicalmente lo sport: Hitler, per esempio, portava in competizioni internazionali solo sportivi del perfetto modello ariano per propaganda politica. Tuttavia, lo sport è anche uno di quegli ambiti che, oltre ad essere una passione, può diventare un modo dolcemente rumoroso per fare la storia. Basti pensare a Jesse Owens, atleta straordinario che vinse quattro ori alle Olimpiadi di Berlino 1936, sotto lo sguardo torvo degli alti gradi del regime nazista. Oppure a Tommy Smith e John Carlos, rispettivamente primo e terzo nei 200m alle Olimpiadi messicane del 1968, che salirono sul podio a piedi nudi e con guanti neri sui pugni alzati al cielo, simboleggiando la lotta delle Pantere Nere, movimento afroamericano nato dalle proteste per la conquista dei diritti dei neri.

Un piccolo pezzo di storia fu scritto anche nel 1976 da Adriano Panatta e Paolo Bertolucci che, insieme ai compagni Corrado Barazzutti, Tonino Zugarelli e al capitano Nicola Pietrangeli, vinsero la Coppa Davis in Cile.

Il Cile in quegli anni fu teatro di tremendi orrori e fece molto parlare di sé nel mondo. Nel 1973 ci fu un colpo di stato, organizzato dall’estrema destra, dall’esercito e dalla CIA, che portò ad un rovesciamento della repubblica e al suicidio di Salvador Allende, capo di stato socialista, poco prima che i golpisti riuscissero a raggiungerlo all’interno del Palazzo della Moneda. Dopo il colpo di stato prese il potere il generale Augusto Pinochet Ugarte, che instaurò una feroce dittatura che durò fino al 1990. Durante il suo governo, scomparvero almeno 30.000 persone, di cui la maggior parte fu torturata ed uccisa, anche se alcune di loro ufficialmente sono ancora classificate come desaparecidos.

Gli italiani nel 1976 arrivarono in finale alla Coppa Davis, finale che si sarebbe dovuta disputare proprio in Cile. Pinochet, così come aveva fatto Hitler, stava utilizzando la Coppa Davis come arma di propaganda, mentre la politica italiana su questo era divisa in due: il governo Andreotti non prendeva posizione, ma la sinistra spingeva per il boicottaggio. I tennisti, però, volevano giocare e così, mentre questi ultimi venivano additati come fascisti, la Federazione Italiana Tennis era restia e non sapeva prendere una decisione. Alla fine la scelta fu influenzata da Enrico Berlinguer, leader del Partito Comunista Italiano che, dopo essersi confrontato con Corvalàn, ex leader comunista cileno, ritenne che non partecipare avrebbe significato regalare una vittoria al regime. Così gli atleti italiani partirono, accusati dal loro paese di essere fascisti quando, semplicemente, erano giovani innamorati di uno sport.

La finale si disputò all’Estadio Nacional de Chile, a Santiago, che era stato trasformato in un vero e proprio campo di concentramento durante il golpe.

Barazzutti vinse il primo incontro, e Panatta i restanti due singoli: l’incontro successivo sarebbe stato il doppio, disputato dallo stesso Panatta e da Bertolucci.

I due atleti decisero di sfidare Pinochet, che aveva tentato di sopprimere senza poter uccidere quegli ideali di sinistra, tanto cari in particolare a Panatta, il migliore dei tennisti azzurri per risultati e popolarità.

I due atleti decisero di scendere in campo non in maglia azzurra, ma in maglia rossa. Rossa, come quei comunisti e socialisti che Pinochet aveva fatto sterminare in quello stesso stadio soltanto tre anni prima. Gli italiani persero il primo set, per poi vincere i successivi tre. Prima del quarto set si cambiarono, per celebrare la vittoria in maglia azzurra perché, prima di qualsiasi altra cosa, sentivano che quella vittoria era tutta loro e tutta italiana. L’ultimo incontro fu disputato da Zugarelli e la finale si concluse con un 4-1 a favore degli italiani: quella del 1976 fu la prima e unica Coppa Davis azzurra della storia che, nelle sfumature, divenne anche un po’ rossa.


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