A seguito dei cambiamenti climatici, dell’aumento della temperatura terrestre, della siccità, della riduzione delle piogge, della deforestazione, dell’esagerata urbanizzazione, con conseguente cementificazione del territorio, dell’inquinamento idrico e atmosferico, si è generata una crisi ambientale, le cui cause sono da collegarsi appunto al degrado e alla distruzione degli ecosistemi.
La crisi ambientale è andata di pari passo con quella geopolitica ed economica estesa a livello internazionale, quindi un uso più responsabile delle risorse che abbiamo a disposizione è la prima regola per non gravare e impoverire il futuro delle generazioni a venire.
È diventato necessario attuare una rivoluzione ecologica per salvare il genere umano da drammatiche conseguenze, individuare nuove strategie e tecnologie per garantire produzioni più sostenibili e in linea con le nuove esigenze di mercato.
In questa logica, anche nel settore agroalimentare si sono affacciati nuovi modi di produrre, di coltivare, che rispettino gli ecosistemi e ne valorizzino la sinergia, la mutua utilità.
Un esempio è l’innovativa coltivazione in ecosistema acquatico detta “acquaponica”, una particolare tecnica di coltivazione in acqua che unisce l’allevamento ittico sostenibile con una combinazione di acquacoltura e coltivazione idroponica, ossia la coltivazione di piante in assenza di terreno con il solo impiego di acqua arricchita con le sostanze nutritive di cui i vegetali hanno bisogno.
I nutrienti fondamentali per la crescita delle piante vengono forniti dai prodotti di scarto dei pesci. In questo sistema, elementi come l’azoto e il fosforo, derivanti sia dall’escrezione e dalle deiezioni dei pesci che dalla decomposizione del mangime non ingerito, possono venire assorbiti dalle radici delle piante in coltura che si trovano direttamente immerse nell’acqua. L’ambiente che si viene a creare è dunque simbiotico.
I primi studi inerenti questa tecnica risalgono agli anni ’70, ma sono stati implementati nell’ultimo ventennio, per cui la si può considerare attuale e recente. Tutte le sperimentazioni dimostrano il notevole risparmio d’acqua che riesce a massimizzare sia la produzione di pesce che di verdure, mantenendo l’ecosistema equilibrato, nel rispetto delle biodiversità (James Rakocy, 2012).
Tuttavia ci sono tracce di tecniche simili anche in civiltà antiche, quale quella babilonese. Infatti, alla base dei loro famosi giardini pensili, vi erano grandi bacini connessi a sistemi di aspirazione e distribuzione dell’acqua.
Anche in Cina utilizzavano una tecnica chiamata “risaia con cornice” o “risaia brassica”, che consisteva nell’allagare i campi per costruire il giusto habitat per anguille, carpe e lumache di stagno e allo stesso tempo coltivare il riso.
L’acquaponica si è molto evoluta negli ultimi tempi. Al giorno d’oggi un impianto acquaponico è un sistema a ricircolo, in cui l’acqua, grazie all’impiego di pompe di sollevamento e di spinta, viene prelevata dalla base della vasca nella quale vengono allevati i pesci e fatta passare in un biofiltro di minerali, che permette di filtrare i nutrimenti per le piante. L’acqua viene quindi spinta nei letti di coltura a diretto contatto con le radici dei vegetali coltivati e, una volta depurata, reintrodotta nelle vasche per acquacoltura riprendendo il suo ciclo. Spesso viene richiesta anche una serra per mantenere la temperatura dell’acqua costante per tutto l’anno.
Svariate sono le varietà di vegetali coltivabili e non si parla solo di verdura a foglia ma anche di piante come zucchine, melanzane, pomodori, fragole, o erbe aromatiche. Allo stesso modo, è possibile allevare in acquaponica la pressoché totalità delle specie ittiche di acqua dolce, come carpe, trote, pesci gatto e con qualche accortezza anche branzini e orate. È inoltre possibile allevare in acquaponica varie specie di crostacei come ad esempio il gambero di fiume. In base alle specie animali e vegetali scelte, è essenziale calibrare il sistema al fine di assicurare il corretto apporto di nutrienti alle piante.
Questa pratica presenta svariati vantaggi. Innanzitutto, come già anticipato parlando degli studi, il risparmio idrico, grazie al quale si risparmia circa il 90% in più rispetto all’irrigazione tradizionale del terreno. Poiché le piante non necessitano di terreno, si possono introdurre colture intensive in spazi relativamente limitati. Al fine di evitare problemi di tossicità per pesci e piante, non si fa uso di pesticidi o fitofarmaci e viene utilizzata la lotta biologica per tenere sotto controllo eventuali parassiti. Si cerca inoltre di isolare al meglio possibile il sistema di produzione dall’ambiente circostante così da limitare l’ingresso di insetti nocivi e agenti patogeni. Anche i fertilizzanti non risultano necessari, giacché i nutrienti sono garantiti dall’allevamento del pesce. Non c’è neppure bisogno dell’impiego di mezzi agricoli con conseguente minor consumo di combustibili fossili. Per di più, dato il sistema di ricircolo, sono riscontrabili dopo due anni una drastica carenza di malattie sia in piante che animali, una crescita di produzione maggiore e più uniforme, sana ed efficiente. Alcuni chef hanno già testato la qualità delle materie prime coltivate e confermano il sapore e l’incomparabile croccantezza degli ortaggi.
Tuttavia, come ogni tecnica, ha sia pregi che limiti. I principali sono la complessità del sistema di produzione e la sua sostenibilità economica. Essendo un sistema di produzione integrata, l’acquaponica richiede competenze specifiche da parte dell’agricoltore e allevatore sia per quanto riguarda la coltivazione di specie vegetali sia nell’ambito dell’allevamento ittico. Dal punto di vista economico è vantaggioso perché in grado di generare un duplice profitto per chi la pratica con l’immissione sul mercato di due tipologie di prodotti differenti (vegetali e pesci). Per contro, la necessità di stanziare questi sistemi all’interno di serre o strutture protette e in grado di condizionare la temperatura al fine di garantire una produzione costante durante l’anno fa aumentare i costi di produzione.
Oggigiorno, diversi sono i progetti che usano l’acquaponica, anche a livello europeo. In particolare uno molto importante è il progetto Bluegrass, coordinato dal Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Partito a ottobre 2017, la sua durata è di 30 mesi ed è finanziato all’interno del Programma Interreg V-A Italia-Slovenia 2014-2020. Mira a promuovere e sostenere lo sviluppo dell’acquaponica nell’area dal Veneto e parte del territorio sloveno attraverso 4 principali attività: un’analisi di mercato per identificare i bisogni territoriali specifici, la realizzazione di 2 impianti pilota uno in Slovenia e uno in Italia, all’interno dei quali svolgere attività didattiche, dimostrative e promozionali che coinvolgeranno anche istituti scolastici e mercati cittadini, il coinvolgimento dei portatori di interesse e agricoltori, allevatori e ricercatori e la promozione di attività di comunicazione volte a sensibilizzare il consumatore. La ricerca è basata sui principi di crescita verde e di economia circolare, il cui proposito è lo sviluppo di nuove idee e progetti ambientali, innovativi e sostenibili.
Un progetto tutto italiano è invece la riqualificazione dell’ex ferrovia di Rimini Marittima. La proposta è stata candidata al programma europeo 2020 LIFE – Environment and Resource Efficiency, il quale ambisce a uno stile di vita migliore entro i limiti del nostro pianeta. La fase attuale di programmazione è suddivisa nel sottoprogramma “Ambiente” e nella componente “Azione per il clima” e la cooperativa bolognese ha deciso di contribuire con l’introduzione di un’agricoltura green come l’acquaponica per riqualificare l’area in questione. L’obiettivo è di coniugare spazi sociali e culturali con la produzione alimentare, non che di coinvolgere le comunità locali, le associazioni e i consumatori, sensibilizzandoli alla tematica del “vivere sano”, stimolando così l’autoproduzione agricola e l’autoconsumo. Se la proposta del Comune passerà i due step di selezione, il progetto potrà partire nell’autunno del 2021.
Un’ulteriore iniziativa è stata intrapresa a Milano, città prescelta per il primo progetto di “Housing Sociale” Zero Carbon vincitore del concorso internazionale “C40 Reinventing Cities” nel 2019. Il team rappresentato da Fondo Immobiliare Lombardia ha scelto lo scalo Greco-Pirelli a Milano per il loro prospetto. La coltivazione sorgerà all’interno del progetto “L’innesto”, immerso nel contesto di riqualificazione urbana, che dovrebbe raggiungere la capitale lombarda proprio quest’anno.
Un altro piano sempre a Milano è “Openagri” che punta alla creazione di nuove forme di impresa innovativa e di sviluppo locale focalizzando gli sforzi sulla periferia sud della città. Al fine di dare avvio ad un hub dell’agricoltura periurbana, si è deciso di recuperare e attrezzare, sempre nel rispetto dell’economia circolare e del ciclo dell’acqua, una porzione della Cascina Nosedo.
Infine, l’acquaponica può essere intesa come un’attività produttiva agricola sostenibile nella quale i cicli dei principali macro-nutrienti vengono chiusi grazie all’integrazione di due sistemi produttivi, l’acquacoltura e la coltivazione idroponica.
Se in America è entrata a far parte delle tecniche di produzione biologiche, in Europa, e dunque anche in Italia, non ha ancora raggiunto questa nomea, pur condividendone tutti i principi.
Sara Pietrini 3CL
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