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  • Immagine del redattoreSara Boanini

Edizione delle parole: intervista alla Professoressa Giulia Artioli

Aggiornamento: 21 nov 2021

Buongiorno Prof! Pensiamo in realtà che ormai tutti e tutte la conoscano, ma per evitare equivoci, le andrebbe di presentarsi brevemente?

Buongiorno a Voi!

In realtà, Vi sono molto grata per la domanda di presentazione perché no, non

credo che tutti mi conoscano e argino gli equivoci volentieri.

Mi chiamo Giulia Artioli, ho ventotto anni e alle spalle studi classici. In

prospettiva, onestamente, spero anche.


Su Instagram lei sta portando avanti un progetto chiamato « Etimologica-mente».

In cosa consiste e come é nata l’idea?

Il progetto vorrebbe essere un appuntamento domenicale con una parola di cui

ripercorrere, insieme ai miei seguaci (possiamo chiamarli così?), il viaggio

etimologico, ché, io credo, risalire all’etimo di un termine significa umanizzarlo,

e, quindi, dargli non solo fiato, ma anche corpo e storia, rivelandone gli usi

indebiti, i misteri, le fortune ed educandoci a un impiego più consapevole.


Ha ricevuto pareri contrastanti?

Cosa ne pensano colleghi e colleghe, studenti e studentesse?

Ho ricevuto, a onor del vero, molti pareri entusiasti ed entusiastici, ma non sono

mancati due leoni da tastiera, che, appreso a mezzo stampa dell’iniziativa, mi

hanno contattata rispettivamente per scrivermi che il metodo didattico scelto per

condividere percorsi etimologici è irrispettoso nei confronti della reale didattica

e che invitavo, in questo modo, i giovani a spendere nuovamente tempo al pc/al

cellulare o su piattaforme virtuali, contribuendo, quindi, al processo di

alienazione, isolamento e simili.

Devo ammettere che commenti simili, provenienti da sconosciuti e, nel primo

caso, penso persino da un profilo fake, mi hanno ferita e mortificata non poco,

perché mi sono sentita fraintesa: lungi da me, infatti, esercitare la professione

attraverso Instagram e alimentare isolamento e alienazione, ma poi ho pensato

che, forse, sarebbe stato sufficiente leggere gli articoli sovra citati per intero e

non limitarsi al titolo per comprendere che Etimologica-mente non è nulla, nulla,

di tutto questo (anche per la durata dei video stessi, che si aggira intorno ai

quattro minuti...insomma, non credo che per questo io possa creare dipendenze!)


Quanto ai colleghi, non ne sapevano nulla, perché non ho fatto particolare

pubblicità, ma, non appena lo hanno saputo, devo dire che hanno accolto

favorevolmente l’iniziativa e hanno speso belle, bellissime, parole.

Gli studenti, infine, devo dire che sono la linfa dal primo video e credo, senza

dubbio, che lo saranno sino all’ultimo.


Sappiamo che é difficile scegliere, ma dato che parliamo di parole: quali sono le sue preferite?

Avete ragione, è difficile scegliere, ma azzardo proponendoVi le prime tre che

mi vengono in mente, complice il fatto che siano viaggi etimologici

meravigliosi: desiderio, poesia e crisi.

E perché sono viaggi etimologicamente meravigliosi? Beh, anzitutto perché desiderio è viaggio che principia direttamente dalle stelle, quelle stesse cui affidiamo i sogni nella notte di San Lorenzo. Poesia, invece, perché per noi è venuta a significare qualcosa di astratto, ma, originariamente e linguisticamente, era invece qualcosa di estremamente concreto, derivando dal verbo poiéo, ossia «fare, fabbricare, costruire materialmente». E, infine, anche crisi vanta, nella propria evoluzione, una beffa etimologica dal momento che non era nulla di catastrofico, ma era (ed è ancora) il momento in cui la vita ci chiama a scegliere.

E l’autore che le sa usare meglio?

Anche l’autore che le sa usare meglio è difficile da scegliere, ma credo sia Italo

Calvino: dai romanzi, ai saggi, agli articoli...ha sempre scritto ciò che avrei

voluto. (Solo sicuramente meglio di come avrei fatto.)


Non vorremmo tornare sempre sullo stesso argomento, ma è da ormai due anni che dobbiamo conviverci, quindi Le chiediamo:

Com’é cambiato il suo rapporto con la scuola durante la Pandemia?

Cosa potrebbe migliorare?

Il mio rapporto con la scuola, in tempo di Pandemia, è radicalmente cambiato,

ma penso che l’esperienza della DAD/DDI abbia stravolto ogni equilibrio,

equilibrio che, nel mio caso, era ed è già instabile, essendo precaria e pressoché

nuova al mondo dell’insegnamento in generale. Abbracciare questa nuova

modalità, infatti, ha comportato, cambiando peraltro sede di insegnamento

rispetto allo scorso anno, seguire ininterrottamente da Febbraio del 2020 a

quello del 2021, corsi di formazione sulle piattaforme da impiegare, ma anche

seguire altri tempi di attenzione e, di conseguenza, ha comportato modellare

diversamente le lezioni e nei contenuti e nella trasmissione e maturare ulteriore e

maggiore empatia nei confronti degli alunni, così facili da perdere dietro un

monitor e così facilmente capibili in questo.


Potrebbero, alla luce di queste considerazioni, forse anche semplicistiche,

migliorare molte cose personali e anche, invece, pratiche: io stessa avrei potuto

migliorarmi e spero di farlo (benché non più per simili circostanze o

motivazioni), ma esulando dalla scuola di appartenenza confido in aiuti concreti

che rifuggano la vuota e vana retorica dell’eroismo e investano invece a livello

statale nell’istituzione e nell’istruzione, ambiti invece progressivamente ridotti

ingiustificatamente e insopportabilmente a macchietta.


Che consiglio darebbe a studentesse e studenti?

Sento una certa responsabilità nel tentare una risposta e temo anche di sciorinare

banalità, dunque cercherò di essere concisa, per arginare il rischio.

A Voi ragazzi/e consiglierei di avere cura delle Vostre vocazioni, ché ognuno/a

ne ha (almeno una) e aiutate noi adulti ad aiutarVi a coltivarla/e, in questa sede

soprattutto, ché il fine è quello di aiutarVi a fiorire.


E infine, come si trova al Virgilio e a vivere in città?

In città, mi trovo molto bene; personalmente la adoro: è raccolta e a

misura d’uomo o di donna, nel mio caso.

Certo, vero è anche che la Pandemia mi ha impedito di godere delle possibilità

offerte da Mantova e non ho potuto, come tutti del resto, godermi cinema,

mostre o teatri; spero però di avere la possibilità di farlo e di recuperare l’anno a

venire, se avrò la fortuna di essere ancora qui, come spero.

Limitatamente al Virgilio, infine, devo dire che il rapporto con gli studenti e le

studentesse è davvero, mediamente, molto buono, questa almeno è la

mia percezione e questo è quanto personalmente ritengo sufficiente a rendermi

gradito, e molto, il posto di lavoro.

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