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Verità proibite: celebri casi di censura letteraria

Lunga è stata la strada che ha portato, nel 1948, alla promulgazione dell’articolo 19 della Dichiarazione dei Diritti Umani. Questo afferma che a ogni individuo deve essere garantita libertà di opinione ed espressione, per diffondere con qualsiasi mezzo le proprie idee.

Tutt’ora, però, il diritto di espressione rappresenta uno dei punti più largamente discussi della democrazia moderna. Infatti, anche in seguito alla diffusione dei media, è sempre più complesso stabilire in quali circostanze e realtà l’abolizione della censura sia assoluta. Molti sono ancora i paesi in cui la democrazia non è stata stabilita, oppure in cui la libertà conquistata a fatica sta andando incontro a un declino. L’assenza del libero diritto di espressione non sembra, infatti, una conseguenza della mancanza di democrazia, ma, al contrario, è una delle sue prime silenziose manifestazioni.

Eppure, attraverso secoli di mutazioni cui la società è stata soggetta, l’attività della censura non è sembrata evolversi insieme ai contenuti da questa limitati. Fin dalle origini della società, la censura si è sempre insinuata nell’apparente controllo, nel desiderio di tutela e limitazione. A partire dal libro biblico del profeta Geremia, poi nel mondo greco classico, fino all’Inquisizione medievale e al poco successivo Codice dei libri proibiti questa ha sempre avuto lo stesso significato: limitare la libertà delle idee.

Nemmeno le riforme dell’Illuminismo sono riuscite a sconfiggere la censura. La sua storia si è protratta attraverso i secoli, fino alla sua strumentalizzazione da parte dei regimi totalitari del XX secolo.

Eppure, il mezzo di diffusione di idee più colpito attraverso i secoli è stato proprio quello della letteratura.

Di libri vietati, considerati dannosi e dati alle fiamme ne tratta Ray Bradbury nel celebre romanzo “Fahreneit 451”. La realtà creata dall’autore è distopica e surreale, ma spaventosa perché per molti aspetti si avvicina alla realtà. Cercando con attenzione, infatti, si può comprendere che la letteratura è disseminata di romanzi le cui parole sono state crudelmente censurate. Si parla di pagine strappate e dimenticate, addirittura usate per alimentare falò, proprio come nel mondo di Bradbury. Ora non ce ne accorgiamo perchè questi romanzi, acclamati dalla critica, sono diventati classici, pilastri del mondo letterario che al giorno d’oggi, seppur lentamente, sta diventando sempre più aperto.

Per comprendere il valore delle verità un tempo dichiarate “proibite” da impietosi censori e, soprattutto, per evitare di ritornare alla più antica forma di limitazione del pensiero, è bene ricordare alcuni di questi titoli e la loro storia.

“1984” di George Orwell, pubblicato nel 1949, è una crudele satira dei totalitarismi del XX secolo. Per la rappresentazione audace e impietosa della realtà di un regime dittatoriale è stato bandito in URRS fino al 1990 (Probabilmente anche perché la figura del Grande Fratello presenta tratti di somiglianza con Stalin, in quel periodo ancora al potere).

“Ulisse” di James Joyce, pubblicato nel 1920, fu vietato fino agli anni Quaranta del ‘900 in Inghilterra, e fino agli anni Settanta in Irlanda. La sua diffusione fu limitata anche negli Stati Uniti a causa degli espliciti riferimenti sessuali. Il coraggio dell’editore Random House, unico a metterlo in commercio, gli costò un lungo processo rimasto nella storia.

“Furore” di Steinbeck, del 1940, fu sin da subito abolito dalla censura statunitense. Anche in Italia, dopo essere stato tradotto, il testo è stato tagliato e privato delle sue parti più crude. Eppure, senza queste, non ci si potrebbe accorgere della grande abilità di Steinbeck nel dipingere le illusioni e le fragilità umane.

Gli altri esempi sono numerosi: “Amatissima” di Toni Morrison, ancora vietato nelle scuole Americane; “Alice nel Paese delle meraviglie” di Lewis Carroll, un tempo abolito in Cina perché mette sullo stesso piano umani e animali; Il Diario di Anna Frank, necessaria e crudele testimonianza, che in Libano non è ancora stata pubblicata.

Non mancano romanzi degli ultimi anni destinati a censure da parte di conservatori religiosi. Amaramente ironico è il caso del rogo purificatore organizzato dai fedeli della Christ Community Church, in un paesino del New Mexico. Le copie bruciate appartenevano alle saghe fantasy di “Harry Potter” e del “Signore degli anelli”, entrambe accusate di stregoneria e satanismo.

Insomma, celebri esempi in una storia non così distante da noi ci fanno comprendere che il diritto di espressione può trovare limitazioni infinite.

Forse la censura colpisce quelle verità che ci fanno più male, che si insinuano nel profondo della nostra anima, scuotendola. Eppure, proprio queste sono quelle a cui dobbiamo aggrapparci con più ardore, perché ci permettono di evadere da noi stessi e dai nostri chiusi schemi. Ci offrono gli strumenti per osservarci dal di fuori e correggere i nostri umani sbagli. Solo così, infatti, riconoscendo questi errori, un giorno potremo liberarcene. E liberarci, insieme a questi, della cieca censura.

Emma Dall’Oca, 4ªB


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