“Piccole Donne” di Louisa May Alcott (1832-1888): penso che questo romanzo non abbia bisogno di grandi presentazioni. Dall’ormai lontano 1868, da quando venne pubblicata la prima edizione, la storia delle quattro sorelle March affascina lettori di ogni genere: Margaret detta “Meg”, Josephine detta “Jo”, Elizabeth detta “Beth” ed Amy sono uniche, diverse ed opposte, tanto da completarsi tra di loro anche nei momenti più inaspettati. Meg è la sorella maggiore, molto materna e saggia, dotata di gran senso del giudizio e pacatezza; Beth è la più fragile, delicata, timida e sensibile, con una forte passione per la musica; Amy è la più giovane, piuttosto vivace e vanitosa, alla ricerca della perfezione, che aspira a lavorare nel mondo dell’arte e della pittura.
E Jo? Lei è probabilmente il personaggio più amato di tutti, nato come alter ego della stessa autrice. Una figura che, nel corso del tempo, è diventata fonte di ispirazione per molti: simbolo di fervore, idealismo e femminismo, ed un punto di rottura di quelle norme che i retaggi culturali e la società dell’epoca imponevano. Ciò è evidente anche solo notando il fatto che la ragazza utilizzi, per farsi chiamare in pubblico, non il suo nome di battesimo, “Josephine”, bensì un diminutivo breve e per nulla femminile, “Jo” per l’appunto, che si adatta perfettamente alla sua personalità!
Quello che colpisce di questo personaggio è la sua determinazione: in un contesto storico nel quale la donna era definita completa solo attraverso il matrimonio prima e la maternità dopo, Jo lotta per rompere questi schemi, cercando una sua dimensione. Si sente un’anima libera e, come tale, capace di affermazione senza qualcuno che la sorregga. La sua rabbia è rivolta alla società dell’epoca, che sminuiva le donne considerandole semplici esecutrici di faccende domestiche e dispensatrici di prole, dominate costantemente da una figura patriarcale. La ribelle secondogenita della famiglia March insegna come pizzi e merletti non siano essenziali per definire una donna: la cosa più importante è sentirsi in armonia con il proprio “io”, senza necessariamente ricercare una metà che completi il proprio essere se questo non riflette una volontà interiore.
“Le donne hanno una mente, hanno un'anima, non soltanto un cuore! Hanno ambizioni, hanno talenti e non soltanto la bellezza! Sono così stanca di sentir dire che l'amore è l'unica cosa per cui è fatta una donna, sono così stanca di questo!”
“Non credo che mi sposerò mai. Sono felice così come sono, e amo così tanto la mia libertà per non avere alcuna fretta di rinunciarvi, per qualsiasi uomo mortale”
Una donna può amare e dare sé stessa anche ad altre passioni che non comportino lo sposalizio: un interesse diverso da quest’ultimo non è meno importante. Per quanto la riguarda, fin dall’infanzia Jo ha un sogno: diventare una scrittrice. La scrittura è per lei una valvola di sfogo immensa: la sua immaginazione la rende potente, il suo “rapimento” per la letteratura la completa. Nonostante la povertà in cui riversa la sua famiglia, nonostante gli ostacoli che un mestiere del genere metteva sul percorso di una donna a quel tempo, Jo non si dà mai per vinta e supera ogni difficoltà con coraggio, insieme alle adorate sorelle.
La sua bellezza delicata, dal pallore candido, in netta contrapposizione allo spirito indomabile noto a chiunque la conosca, conquista Theodore “Laurie” Laurence, amico dei March: un giovanotto di buona famiglia, attraente...Così come la mentalità dell’epoca dipingeva il classico “uomo da sposare”. Quando Laurie dichiara a Jo il suo amore per lei, la ragazza lo rifiuta: pur consapevole di star perdendo l’occasione di poter condurre una vita decisamente più agiata rispetto a quella che era costretta a vivere dalla nascita, la sua anima anticonformista non si piega al compromesso. Laurie è sì simpatico, divertente, con qualità sociali ottime, ma non possiede quelle disposizioni personali che indurrebbero Jo a ricambiare i suoi sentimenti. Quando invece è il professore tedesco Friedrich “Fritz” Bhaer (che aveva conosciuto Jo a New York) a farle la proposta di matrimonio, la ragazza accetta, in barba ai commenti della società, diventando così a tutti gli effetti un’eroina tragica che per amore dei suoi ideali, della libertà e dell’avventura sacrifica il principe azzurro ideale scegliendo un uomo comune: più anziano ed addirittura più povero di lei, ma completamente affine al suo modo di essere. Una dimostrazione concreta del fatto che è il legame “invisibile” che conta, non quello “materiale”.
Jo March è l'amica e la sorella che tutti vorremmo avere: sempre pronta a destarci dalla tristezza ed a portarci in un mare di avventure, schietta e leale, amorevole e in grado di vivere intensamente ogni singolo attimo come se fosse l’ultimo. Una grande donna con una mentalità da ammirare, che non si scalfisce davanti a nulla.
P.S.
Nell’immagine che accompagna questo articolo, vediamo il personaggio di Jo interpretato dalla famosa attrice irlandese Saoirse Ronan nel fortunato film “Piccole Donne”, regia di Greta Gerwig, uscito nelle sale italiane a gennaio 2020. Assolutamente consigliato!
Comments