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Chiara Parma

Letteratura e sport

Aggiornamento: 3 ago 2020

Martedì 12 febbraio nella Sala Addottoramenti della nostra scuola si è tenuta una conferenza sul rapporto tra letteratura e sport, successiva a quella di lunedì 11 febbraio, dedicata alla leggenda di Gianni Brera. In particolare, i relatori (Luigi Bolognini, Furio Zara, Lorenzo Longhi, Diego Alverà, Lorenzo Fabiano, Francesco Barana) hanno parlato di storie di sport da loro divulgate in diversi modi. L’incontro, moderato da Adalberto Scemma, si è aperto con il racconto di Diego Alderà, un artista che ha cercato di portare le storie di sport nei teatri. Alderà racconta di aver iniziato grazie ad un suo monologo radiofonico che cominciò a venire portato nei teatri; si accorse presto di sentirsi a disagio per via dell’ambiente teatrale, e così iniziò a fare l’attore lui stesso, recitando ciò che scriveva. Alderà spiega inoltre che spesso sceglie storie del passato, ma soprattutto che non porta in scena semplici storie: “io cerco attimi infiniti in cui le persone hanno fatto delle scelte, o forse non le hanno fatte”. Aggiunge poi di cercare storie enfatiche, che l’ambiente teatrale valorizza al massimo.

Scemma si rivolge poi a Luigi Bolognini, autore de “La squadra spezzata”, libro che racconta della nazionale ungherese degli anni ’50, fino alla finale mondiale del 1954 e poco oltre, intessendo la trama anche di vicende politiche. Bolognini stesso spiega che la storia era già pronta, già perfettamente avvincente così com’era, andava semplicemente raccontata; per farlo senza banalizzare, ha inserito nel libro le vicende politiche del tempo, alcune delle quali causate proprio dalla sconfitta dell’Ungheria in finale ai mondiali. Scemma confessa poi che le vite e le vicende di quella nazionale ungherese gli hanno spesso ricordato “I ragazzi della via Pal”. Bolognini riconosce la somiglianza, poiché in entrambi i casi i protagonisti delle diverse storie lottavano contro qualcosa di molto più grande di loro.

Scemma si rivolge poi a Lorenzo Longhi, autore di un libro su Puskàs (“Non solo Puskàs”), uno dei grandi campioni di quell’Ungheria narrata da Bolognini. Longhi racconta che il lavoro di ricerca prima della pubblicazione del libro si è svolto soprattutto su ciò che era già stato scritto da altri. Dichiara poi di aver scelto questa storia perché ritiene che lo sport sia fatto di persone, ricche di forze, debolezze ed esperienze che, in pochi attimi, possono fargli in qualche modo cambiare il mondo.

Si passa poi a raccontare di Furio Zara che, come Scemma ricorda, ha iniziato la sua carriera leggendo le classifiche per una TV privata, ed ora lavora sia per il Corriere dello Sport che in TV. Zara definisce il suo lavoro, come una volta aveva fatto la figlia, “mettere le parole in fila”: questo perché lo sport in effetti si racconta da sé, bisogna solo saperlo accompagnare con le parole. Parla inoltre della sua esperienza da inviato, ricordando l’emozione di raccontare storie vivendole sulla propria pelle.

Scemma si rivolge poi a Lorenzo Fabiano, che dichiara di raccontare sempre e solo le storie che più lo emozionano. Spende un po’ di tempo a parlare della storia di Gustavo Thoeni, in particolare di uno slalom parallelo in Val Gardena il 23 marzo 1975, gara solitamente poco considerata, ma che quell’anno fa in modo che Thoeni si aggiudichi la coppa del mondo, davanti Klammer e Stenmark per l’ultima volta.

Infine, Scemma chiede a Francesco Barana di raccontare le storie di tutti gli altri relatori nel modo appassionante e avvincente che lui solo ha.

Una conferenza, insomma, estremamente interessante, con protagonisti anche molto noti del mondo del racconto di sport, dei quali pochissimi hanno sempre sognato di diventare giornalisti sportivi. Un vero peccato la mancanza di pubblico, data la capacità dei relatori di rapire ed appassionare fino in fondo.

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