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NHSMUN19 Una settimana a New York

13/03/2019


Anche quest'anno la nostra scuola ha preso parte al progetto "Global Leadership, Giovani ambasciatori a New York", che si propone di far partecipare gli studenti, dopo una lunga formazione, ad una serie di simulazioni dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (National High School Model United Nations), a New York, con ragazzi provenienti da tutte le parti del mondo. Questo tipo di simulazioni, che si basano sul metodo didattico del learning by doing, hanno come obiettivo non solo la conoscenza dei più importanti organi delle Nazioni Unite e del loro funzionamento, ma anche di utilissime conoscenze trasversali, le cosiddette soft skills, che vanno dallo sviluppo di capacità diplomatiche, al perfezionamento del public speaking, fino alla creazione di un discorso coeso e convincente, all'atteggiamento da avere davanti ad un pubblico e quali fonti si debbano ricercare per dare informazioni sicure.

Il progetto, che ha valenza ASL, conta un discreto numero di ore di formazione, che nel nostro caso si sono tenute al Fermi, con gli studenti del Liceo Scientifico Belfiore, dell'Istituto Fermi e dell'Istituto Redentore. Durante queste ore ci sono state illustrate la storia delle Nazioni Unite, le regole di procedura delle diverse simulazioni, le regole del public speaking e abbiamo anche fatto alcune simulazioni tra noi studenti. La formazione e l'organizzazione del viaggio a New York sono stati presi a carico dall'agenzia United Network, che ci ha fornito anche tutti i materiali.

Il succo della simulazione però non sta nelle ore di formazione, infatti ad ognuno di noi studenti è stato assegnato uno stato (naturalmente non quello di provenienza), una particolare commissione dell'ONU e due argomenti, inerenti alla commissione assegnata, che sarebbero stati quelli che avremmo discusso a New York. I paesi assegnati agli studenti mantovani sono stati Malawi, Kazakistan, Eswatini, Georgia e Haiti. Il nostro compito è stato quello di scrivere, in coppia con il nostro compagno di delegazione, il position paper, ovvero un documento in inglese, che attestasse, dopo numerose ricerche fatte dallo studente in autonomia, la posizione dello stato assegnato sugli argomenti, che la commissione aveva riconosciuto come più importanti nel campo di cui si occupava. Per esempio nella mia commissione, DISEC, che si occupa di disarmo e sicurezza internazionale, gli argomenti da trattare erano il "Terrorismo nel Sud Est dell'Asia" e "Attori non statali e Guerre asimmetriche in Africa". Il nostro obiettivo a New York sarebbe stato quello di sostenere con diversi discorsi la posizione che il nostro paese aveva sugli argomenti assegnati.

Infine, il cinque marzo, il gruppo di 47 studenti Mantovani è partito dal parcheggio del Fermi con direzione Milano Malpensa per poi prendere l'aereo per New York, dove i primi tre giorni abbiamo preso parte alle simulazioni e gli ultimi tre abbiamo visitato la città, il tredici marzo abbiamo fatto ritorno a Mantova.

Ritengo che la forza di questo progetto non sia tanto nelle simulazioni, che ci siamo accorti, forse, puntano più all'apparenza che alla sostanza e che inoltre sono state piuttosto difficili da seguire, considerata l'alta presenza di studenti madrelingua e particolarmente allenati a questo tipo di simulazioni. La forza del progetto sta nella possibilità di confrontarsi con numerosi studenti da diverse parti del mondo, la possibilità di parlare con loro, scambiarsi tantissime curiosità e informazioni, ridere insieme, nonostante le diversità, in un'atmosfera multiculturale che davvero mi ha permesso di arricchirmi. Inoltre le amicizie strette con gli studenti italiani, le risate per i nomi sbagliati di Starbucks, il cibo orribile e il freddo tremendo. La bellezza di questo viaggio e stata quella di poterlo vivere in semi-autonomia, avevamo momenti liberi che potevamo utilizzare per girare per le strade di New York, sederci in un bar, mangiare un hot dog o fare due passi a Central Park. L'atmosfera di New York è stata fin da subito accogliente e appena arrivata ho avuto la netta sensazione che quella fosse davvero la terra delle pari opportunità, dove i nostri nonni italiani erano emigrati per rifarsi una vita, la terra di chi dal niente riesce a costruire un impero. Forse il mito americano del self-made man non è poi uno stereotipo così falso. Ho trovato New York una città caotica e immensa, ricca di stimoli, un po' contraddittoria, ma in cui davvero si respira aria di libertà.            

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