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  • Immagine del redattoreSara Boanini

Rosalia Montmasson, l'Angelo dei Mille

Al numero 338, rilegata alla pagina accanto a quella dedicata al marito nell’album del fotografo Alessandro Pavia, insieme a tutti gli altri coraggiosi volontari dell’impresa dei Mille c’era lei, Rosalia, una donna, un po’ in contrasto forse con tutte quelle figure maschili.


Nata nel gennaio del 1823 nella Savoia francese, all’epoca controllata dal Regno di Sardegna, e ben presto fuggita dall’egemonia del padre, Rose Montmasson, italianizzata con Rosalia, è stata una figura che la storia ha per molto tempo dimenticato, o meglio, messo in secondo piano, nonostante venga ricordata come una vera e propria patriota italiana.


All’alba della spedizione, nel 1860, Rose chiede un incontro privato con Garibaldi in persona, con il quale in realtà aveva già collaborato in precedenza, per domandargli espressamente di indossare la camicia rossa e di scendere come combattente sul campo di battaglia. Per il coraggio e l’audacia dimostrata in quell’occasione, verrà soprannominata “L’Angelo dei Mille”, infatti la giovane non si limitò a contrastare i nemici e si applicò anche alla cura dei soldati arrivando a strapparsi “di dosso perfino la camicia e gli abiti per coprire i feriti che […] si morivano di freddo se non dal tormento delle palle fratricide”, come racconta Maria Attanasio nel suo libro “La ragazza di Marsiglia”.


Nonostante la vivacità propria del carattere di Rosalia, questo fermento patriottico trova in parte le sue radici in un incontro avvenuto nel Piemonte del 1849 e che avrebbe letteralmente sconvolto la sua vita quanto in positivo tanto che in negativo. Quel giorno ella incontra e si innamora infatti di un giovane esule rivoluzionario fuggito dalla sua terra in seguito al fallimento della rivoluzione indipendentista siciliana, ma quello che nella parte iniziale del romanzo dell’Attanasio impariamo a conoscere come “Fransuà” o “Ciccio”, in realtà si rivela essere proprio Francesco Crispi, colui che diventerà poi una figura chiave nella politica italiana della fine del diciannovesimo secolo.


Crispi comincerà a coinvolgere Rosalia nei suoi progetti rivoluzionari, portandola con sé anche a Londra ad incontrare di persona lo stesso Mazzini, al quale la giovane fa fin da subito un’ottima impressione. Oltre ad aiutare economicamente il fidanzato, Rosalia partecipava anche attivamente alle riunioni segrete dei rivoluzionari, nonostante l’iniziale scetticismo dimostrato da Crispi che la riteneva, in quanto donna, non adatta ad esprimere un’opinione su questioni politiche.


A Rosalia però questo non basta, lei vuole essere ufficialmente riconosciuta come la signora Crispi. Il matrimonio venne svolto nel 1854, poco prima dalla partenza da Malta, da un prete missionario e girovago e alla presenza di due soli testimoni, tutti fattori che concorreranno poi alla disastrosa fine della coppia.


Tempo dopo infatti, in seguito all’impresa dei mille e diversi anni di matrimonio, Rosalia e Crispi cominciano a litigare, a non sentirsi più adeguati l’uno per l’altro. Lui sta completamente rivoluzionando la sua posizione politica, sulla quale in parte si era basata la loro relazione; lei si rifiuta di omologarsi alle altre dame del bel mondo. A Roma Crispi si scatena, tradisce più volte la moglie, ha un figlio con l’amante Luisa del Testa e mette incinta la figlia di un importante magistrato, Lina Barbagallo, che deciderà di sposare dopo essere riuscito nell’intento di cacciare Rosalia da casa.


La povera donna, quando già pensa di aver toccato il fondo, dovrà affrontare ancora una volta il tradimento del marito che, accusato di bigamia dall’opposizione, riesce a far dichiarare nullo il matrimonio di Malta con la “lavandaia savoiarda” dichiarando pubblicamente di aver ottenuto attraverso questo atto una grande vittoria.


Rosalia riuscirà ad ottenere la sua vittoria invece solo dopo la morte, avvenuta il 10 Novembre 1904, quando sulla sua tomba venne ufficialmente riconosciuta come “Compagna fedele di Francesco Crispi cui si unì in legittimo matrimonio a Malta” , facendosi seppellire con la camicia dei Mille e rompendo, grazie alla folla di persone che da tutta Italia si riunì ad assistere alla sua cerimonia funebre, il silenzio a cui era stata ingiustamente condannata.

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