Lontano dalla società moderna, all’orizzonte del mondo conosciuto, si trova una terra selvaggia e crudele, coperta da fitte foreste e popolata da creature misteriose. Questo luogo è il Borneo, una tra le isole più grandi del mondo, oggi divisa in tre parti, due delle quali sono Indonesia e Malesia. Proprio su un’isoletta della Malesia, Mompracem, oggi sparita dalle carte geografiche, vive Sandokan.
Sandokan è un signore e un pirata: nelle stanze del suo sontuoso rifugio, tra le liane della giungla, si staglia alto e sicuro.
Con uno sguardo gelido, si dimostra consapevole del proprio potere, accresciuto dal fascino dei capelli nerissimi, come la barba, che gli incoronano il viso. Egli incute timore, ma non è crudele: desidera la distruzione di chi opera il male e il suo coraggio lo rende un eroe, perfino nelle rare sconfitte.
Il re di Mompracem, infatti, combatte contro il colonialismo britannico della fine dell’800, che minaccia ormai da anni l’amata patria.
In particolare, il nemico del pirata è il Rajah Bianco James Brooke, emblema del potere inglese e responsabile della strage della sua famiglia nonché della perdita delle ricchezze.
Le battaglie contro gli inglesi si succedono durante le sue avventure, che si snodano per terra e per mare, tra remote città portuali, terribili prigioni di pietra, bollenti giungle intricate e locande orientaleggianti. I fedeli compagni di Sandokan sono le tigri di Mompracem, un piccolo esercito di pirati a lui devoti in ogni impresa. Tra questi, gli unici uomini degni della sua stessa fiducia sono l’amico Yanez e il cacciatore di serpenti Tremal Naik.
Il mondo di Sandokan e dei suoi compagni ha preso vita nelle menti di molti sognatori, proprio grazie a chi l’ha trasferito tra le pagine di un ciclo di romanzi.
Il re di Mompracem è, infatti, un personaggio letterario dell’autore italiano Emilio Salgari.
Le opere di Salgari si collocano, proprio come le imprese di Sandokan, alla fine dell’Ottocento, quando egli si presenta al pubblico come un giovane scrittore veronese, trasferitosi a Torino dopo numerose tragedie famigliari. Così, dalla disperazione, nasce l’idea che cambierà le sorti della sua esistenza: Mompracem diventa prima di ogni altra cosa il regno di Salgari. Costruire ogni dettaglio delle sue storie lo appassiona talmente da essere un’ossessione.
Il tratto che rende eccezionale l’opera dell’autore, oltre agli intrecci audaci e ai personaggi indimenticabili, è proprio l’ambientazione. Salgari, infatti, non ha mai visitato i luoghi descritti. L’unico viaggio che compie quotidianamente è in tram, da casa fino alla Biblioteca Civica Centrale di Torino, dove studia per ore mappe e libri che descrivono luoghi esotici. Secondo le sue parole: “Scrivere è viaggiare, senza la seccatura dei bagagli.”.
Poco dopo la sua abilità trionfa, e la fantasia nel guardare oltre a ogni limite viene premiata dalla pubblicazione quasi integrale delle sue opere.
Le avventure sospese nella storia dell’Oriente affascinano i lettori, che desiderano conoscere Sandokan e scoprono orizzonti mai immaginati. Perfino intellettuali di spicco del periodo, come Cesare Pavese e Norberto Bobbio, pur con una fama ben maggiore di quella di Salgari, tessono le sue lodi.
Le opere che brillano negli anni d’oro della sua produzione sono il ciclo indo-malese su Sandokan e i pirati della Malesia (saga di 11 romanzi che si apre con “I misteri della giungla nera” e si chiude con “La rivincita di Yanez”) e il ciclo dei Corsari delle Antille, (5 romanzi scritti tra 1898 e 1908, che comprendono “il Corsaro Nero”). La totalità dei suoi scritti, sia romanzi che articoli, si aggira però intorno all’ottantina.
La notorietà delle sue opere ha una breve durata, e, durante gli anni del dominio fascista, la vita lo intrappola di nuovo in una realtà scomoda: schiacciato dai debiti e dalle vicissitudini famigliari tenta il suicidio per due volte. La seconda, purtroppo, avrà successo. Salgari muore proprio come uno dei suoi personaggi: compie il suicidio in modo quasi teatrale, squarciandosi il ventre e la gola, con il viso rivolto verso il sol levante. Le ultime sue parole sono infuocate invettive contro gli editori, che accusa di essersi arricchiti alle sue spalle.
La riscoperta delle opere salgariane sarà postuma. Queste affascineranno generazioni intere di lettori con la loro potenza: l’abilità degli eroi delle saghe di giungere all’ultimo istante di una battaglia che sembra perduta, ma trionfare sempre per aver ingannato il destino.
Salgari non rimane solo nell’orizzonte culturale italiano, ma la sua anima è ancora intrappolata nelle terre lontane del Borneo, combattendo gli inglesi insieme a Sandokan.
“Quella notte tutto il mare che si stende lungo le coste occidentali del Borneo era d’argento. La luna che saliva in cielo col suo corteo di stelle, attraverso una purissima atmosfera, versava torrenti di luce azzurrina d’una dolcezza infinita.”
Quelle come il Borneo sono terre che Salgari non ha mai visitato per davvero, ma che ha saputo descrivere con quell’accurata meraviglia che può nascere solo dal dolce incontro tra fantasia e genialità.
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