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  • Immagine del redattoreMiriam Sartori

Storia del restauro più difficile e controverso di sempre

Quella del cenacolo è una storia bizzarra quanto complessa. La famosa opera, commissionata da Ludovico il Moro, fu dipinta tra il 1494 e il 1498 nel Refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano. Leonardo non amava la tecnica ad affresco poichè la rapidità di esecuzione necessaria era incompatibile con il suo modus operandi, fatto di continui ripensamenti, aggiunte e piccole modifiche. Infatti scelse di adottare la tecnica con cui dipingeva su tavola, una tempera grassa che, tuttavia, dimostrò una forte incompatibilità con l’umidità dell’ambiente (confinante alle cucine e situato nel lato nord dell’edificio). Purtroppo, appena terminato il dipinto, Leonardo si accorse subito che la tecnica adottata stava già rivelando i primi difetti, prima fra tutte una piccola crepa spuntata sulla parte sinistra. Si trattava solo dell’inizio di un processo di disgregazione che sarebbe continuato inesorabile nel tempo. In particolare, già una ventina di anni dopo la sua realizzazione, il Cenacolo presentava danni molto importanti, tanto che Vasari, che lo vide nel 1566, scrisse “non si scorge più se non una macchia abbagliata”. Così, nel corso dei secoli l’opera fu restaurata diverse volte, poiché ci furono molte occasioni in cui si rovinò in maniera consistente. Ad esempio, quando all’inizio del XIX secolo le truppe napoleoniche trasformarono il refettorio in bivacco e in stalla. Poi, quando negli anni dieci del Novecento il pittore Luigi Cavenaghi riattaccò le particelle che si staccavano dal muro. O ancora, durante la Seconda guerra mondiale, quando il convento venne bombardato e rimase distrutta la volta del refettorio, ma il Cenacolo rimase miracolosamente salvo tra cumuli di macerie, protetto solo da un piccolo tetto e da una difesa di sacchi di sabbia, che addirittura peggiorarono la già, ahimè, tragica situazione. Finalmente, nel 1977, si decise di dare l’avvio all’ultimo e più importante intervento di restauro dell’Ultima Cena. Si trattò di una operazione delicatissima, destinata a durare un ventennio. Nell’intervento di restauro, condotto dalla restauratrice Pinin Brambilla Barcilon, è stato necessario compiere un numero incredibile di campionature e di studi per trovare le tecniche migliori con cui restaurare l’opera e, soprattutto, per riportare alla luce i colori e le sagome originali di Leonardo. Durante la fase della pulitura ci si accorse che il Cenacolo era stato in parte spalmato di cera per essere predisposto a un distacco, per fortuna mai eseguito. L’impiastro di colle, resine, polvere, solventi e vernici, sovrapposte nei secoli in maniera disomogenea, avevano peggiorato notevolmente le condizioni, già di per sé molto delicate. In seguito, dopo aver eliminato le ridipinture, i restauratori si sono ritrovati di fronte al dilemma di come reintegrare le parti mancanti (come potersi sostituire al “genio multiforme”?). In un primo momento si pensò di procedere con un riempimento con un semplice colore neutro; poi invece si decise di applicare dei colori leonardeschi ricavati dai frammenti superstiti. Oggi l’opera, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco, sembra aver recuperato una brillantezza cromatica insperata. Tuttavia, sono numerosi i critici di questo intervento di restauro. Infatti, cercando di restituire all’opera il suo aspetto originario, la si è ridotta alla prima pellicola di colore. E' però ancora da accertare se questa prima pellicola colorata è tutta di mano di Leonardo o se è, invece, stata condotta con l'aiuto degli allievi. Ad esempio, la pulitura della testa di Gesù ha riportato l’opera alla prima stesura che un genio come Leonardo non avrebbe mai "licenziato" come sua. Insomma, sarà stata la mano di Leonardo a dipingere completamente il Cenacolo che vediamo oggi? Sarà stata quella di un suo allievo? Non lo sapremo mai con precisione. Ma ciò che ci resta rimane una delle opere più affascinanti e intriganti della storia dell’arte, che rimarrà oggetto di studio per gli addetti ai lavori e a tutti gli appassionati ancora per molto tempo.



Miriam Sartori 5B


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