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  • Immagine del redattoreSofia Brombini

X Agosto

Era la notte di San Lorenzo e dopo molte ore in autostrautostrada ero finalmente arrivato nel mio sperduto e montano paese natale. Odiavo quel posto, troppo lontano dal rumore della città per i miei gusti, ma mio padre e mia madre volevano che fossi presente all’annuale processione del santo patrono della città. Gli abitanti del villaggio erano da sempre molto superstiziosi e credevano che le stelle cadenti, che si vedevano illuminare il cielo ogni 10 Agosto, aprissero un portale tra il mondo terreno e le schiere demoniache dell’Inferno. Una credenza molto sciocca, ma che veniva acquietata dalla processione a lume di candela dei parrocchiani volta a scacciare le forze oscure. Arrivai con mio grande sollievo solo a tarda notte, quando il paese già dormiva. Decisi di prendermi un momento solo per me prima di sentire i rimproveri dei miei genitori per il mio, a loro dire, ingiustificabile ritardo.


Sono sempre stato affascinato dall’architettura delle chiese e fin da bambino passavo ore ad osservare gli antichi affreschi che decoravano la chiesetta della comunità. Mi avvicinai credendo che le grandi porte di mogano scure fossero chiuse, ma quando sfiorai con le dita i cari motivi floreali incisi nel legno, un vecchio cigolio fece muovere i battenti. Non avevo mai visto una chiesa di notte e fui subito incuriosito del probabile aspetto che avrebbero assunto i paffuti angioletti posti a guardia delle colonne. Entrai, speranzoso di trovare un po’ di luce elettrica, ma per mia sfortuna c’erano solo un paio di ceri sul banco delle offerte. Li accesi e mi sentii immediatamente pervadere da uno strano calore. Camminai lungo il centro della navata guardandomi intorno mentre i miei passi battevano una lenta e regolare armonia sul pavimento tarlato. Con il favore delle ombre, le antiche colonne barocche si allungavano a dismisura, assumendo quasi vita propria e muovendosi come lingue di fuoco. Gli amorevoli putti si erano deformati al mio sguardo fino ad assumere le sembianze di deformi creature ed i santi sulle pareti sembravano lacrimare sangue da orbite vuote che non smettevano di fissarmi. Intimorito, o meglio, terrorizzato, cercai di trovare una spiegazione scientifica a ciò che che vedevo, ma proprio quando con un falso sorriso beffardo mi ripetevo che sicuramente era tutto uno scherzo delle ombre enfatizzato dalla mia stanchezza, notai qualcuno seduto sull’altare che mi faceva segno di avvicinarmi. Una forza inspiegabile mi spinse verso quella figura e per quanto le membra cadenti mi impedissero inizialmente di credere fosse una vera persona, riconobbi chiaramente S. Lorenzo che mi porgeva quasi gentilmente la mano, sorridendomi con le sue zanne appuntite. I suoi occhi rossi come braci ardenti mi svuotarono del tutto e le sue unghie nere iniziarono a conficcarsi nel mio polso. “Vieni mia piccola pecorella smarrita, esprimi un desiderio ed io lo avvererò per te”. Desiderai dimenticarmi di tutto quello che avevo visto e che non fosse successo nulla fuori dall’ordinario nella mia vita.

L’orologio del campanile rintoccò e le campane suonarono a morto.


Era la notte di San Lorenzo e dopo molte ore in autostrada ero finalmente arrivato nel mio sperduto e montano paese natale…

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